Radiodervish. Piazza Utopia

di Nabil Salameh – Radiodervish

È una città disposta ad accogliere tut

ti i suoi dominatori, essendo

essa stessa fondata da dei dominatori, è una città che non subisce la vita ma si muove con essa», così definiva Il Cairo Hamdi Abu Golayyel, uno degli scrittori egiziani ospite al dibattito della seconda serata dei lavori del festival di letteratura mediterranea promosso dall’associazione Baad El Bahr, la stessa che ha organizzato anche il nostro concerto al Cairo Opera House. Il tema di questo anno è Letteratura e città: quando una città euro-mediterranea diventa l’origine, o il carattere principale, di un percorso letterario. E alla domanda del pubblico, in parte italiano, riguardo il futuro del Cairo, Mohammad Rabie, un altro autore egiziano ospite del dibattito, risponde che il modello al quale rivolgono lo sguardo i ragazzi di Tahrir è più simile a quello di Istambul, città che vive la propria modernità senza rotture con le proprie radici religiose. Quest’anno c’erano anche tre scrittori italiani ospiti del festival: Gianni Biondillo, Elena Stancanelli e Giorgio Vasta.Il giorno dopo il nostro concerto all’Opera house ci immergiamo nelle strade di questa metropoli che brulica di vita, un luogo attraversato dai suoi 25 milioni di abitanti senza un attimo di sosta. Cerchiamo di raccogliere ogni segnale che possa farci capire qualcosa in più di questa realtà che fa capo oramai al luogo più reale e più utopico del mondo che si chiama piazza Tahrir, o meglio piazza Utopia. L’appuntamento il giorno seguente al nostro spettacolo con i convegni, le mostre e i lavori del Cairo Mediterranean Literary Festival ci offre diversi spunti per orientarci, ma anche per confonderci, nella lettura della situazione del paese. L’impressione che si sente qui è che la gerarchia militare che continua ad avere la stima e la fiducia del popolo e che garantisce l’ordine in questa fase di passaggio non vuole rimanere al potere al lungo, la casta dei militari preferisce ritornare alla comoda vita di prima della rivoluzione, alla gestione degli affari e all’amministrazione delle tante aziende a fabbriche che sono nate dopo il crollo dell’Unione sovietica che forniva all’epoca tutto il materiale militare e industriale all’Egitto. La capacità e l’abilità in affari dei militari gli ha permesso di sostituirsi in poco tempo all’assenza della fornitura industriale sovietica con le creazione di una serie di fabbriche nazionali e il conseguente accumulo di una enorme ricchezza.I militari non sembrano neanche troppo interessati a scavare nel passato della corruzione del paese per non sollevare un polverone che non li interessa più di tanto. Ma certo è che piazza Tahrir è diventata una specie di termometro che segna l’umore del paese, la notizie dell’amnistia a Mubarak accennata nei giorni scorsi dai gerarchi militari è stata ritirata frettolosamente dopo le dure manifestazioni spontanee che hanno animato Midan Tahrir subito dopo la notizia. Piazza Utopia va ascoltata.
In questi due giorni si parla oramai dell’esportazione della rivoluzione del 25 Yanayer verso l’Occidente, i ragazzi di Tahrir fanno spesso riferimento alle manifestazioni in Spagna e le considerano come un’espansione della rivoluzione dei gelsomini, chissà se l’Occidente si farà contaminare da questa primavera araba. Resta comunque il fatto che l’Occidente appare molto curioso di studiare il modello della rivoluzione egiziana, un movimento popolare che resta finora senza una vera leadership ma che è tuttavia capace di radunare milioni di persone nelle piazze e che continua a far tremare i vertici del potere transitorio. Tutti i ragazzi che abbiamo interpellato sul futuro del loro paese hanno dimostrato preoccupazione dalla deriva integralista: «Qui non c’è spazio per conflitti o radicalizzazione religiose, siamo preoccupati ma fiduciosi al tempo stesso che l’Egitto avrà alla fine la sua autentica primavera.