Radiodervish. Cairo mon amour

di Nabil

Salameh – Radiodervish

Le guardie de

lla residenza dell’ambasciatore dell’Unione europea nel quartiere Zamaelk ci salutano con molto affetto mentre ci apprestiamo a salire sul taxi che ci porterà all’aeroporto del Cairo. Mi scambio con loro indirizzi mail e numeri telefoni per tenerci in contatto oppure per ritrovarsi la prossima volta che veniamo in Egitto. Durante i giorni della nostra permanenza alla villa dell’ambasciatore ho avuto modo di fare amicizia con quasi tutte le guardie che si alternavano con dei turni di tre ore. Sono giovanissimi e con un buon livello di istruzione, parlano due o tre lingue e ovviamente questo era per loro il secondo o addirittura il terza lavoro, qui in Egitto è una normalità trovarsi due o tre lavori per sbarcare il lunario e tentare di arrivare a fine del mese con le pessime condizioni del lavoro ed il carovita che mette a dura prova il salario medio di un egiziano. Uno stipendio medio alto non supera i 100 euro al mese pari a quasi 830 Ghneh (Pounds egiziani), mentre i ceti più poveri dell’Egitto si trovano ad arrangiarsi con cifre ben inferiori a questa. Le ultime battute con le guardie prima di salire sul tassi le faccio parlando in dialetto egiziano col quale mi sono cimentato nei giorni scorsi, l’egiziano per la lingua araba sarebbe come il napoletano per la lingua italiana. È stato troppo divertente comunicare ricordandomi i dialoghi dei film del cinema egiziano che avevano accompagnato la mia adolescenza. Uno degli scrittori egiziani che ho conosciuto al festival letterario mi ha detto durante una conversazione riguardo la lingua e il luogo che il dialetto del Cairo è quello dell’emancipazione femminile. Le ragazze egiziane liberali ed emancipate scelgono di comunicare tra loro e con gli altri parlando il dialetto del Cairo come se fosse un’ulteriore biglietto da visita o un manifesto di una collocazione politica.

Durante i nostri spostamenti notiamo che la stragrande maggioranza delle donne portano l’Higiab (il copricapo islamico), sono oramai l’85% delle donne. Per adeguamento oppure per scelta? È una domanda che mi porterò dietro perché non sono riuscito ad avere una chiara risposta. Il nostro taxi inizia ad inoltrarsi dentro il traffico del Cairo in direzione aeroporto ed i nostri sguardi cercano di cogliere ancora gli ultimi dettagli e sfumature di questo “Caos flemmatico”, un fiume di macchine incolonnate nelle arterie di questa città dove vivono 25 milioni di persone, un paio di milioni vivono dentro il cimitero del Cairo,hanno ricavato le loro abitazioni dentro le tombe e i loculi della necropoli e solo l’anno scorso il governo ha allacciato corrente e acqua. Attraversiamo il ponte 15 maggio, qui lo chiamano ponte degli innamorati, passando vicino piazza Tahrir che vedrà venerdì prossimo un’altra grande manifestazione che sono diventate oramai un appuntamento periodico per i ragazzi della rivoluzione dei gelsomini, una specie di richiamo a tenere alta la guardia sull’andamento delle riforme nel paese. Qui chiedono in molti il rinvio delle elezioni di settembre perché tanti raggruppamenti politici nuovi non riescono entro quella data a formarsi in un partito con uno statuto programma politico per partecipare alla corsa elettorale. Al bordo di una strada riesco a vedere un gruppo di quattro ragazzi con i pass con la scritta «sono egiziano, sono libero» firmato I giovani della rivoluzione del 25 gennaio che chiedono un contributo per sostenere il loro movimento. Usciamo del centro urbano ed iniziamo ad avvicinarci alla zona dell’aeroporto, colpisce particolarmente il numero delle chiese lungo la strada, per un tratto mi sembrano più numerose delle moschee. Mi viene in mente quello che la maggior parte dei cairoti che ho conosciuto mi dicevano riguardo gli scontri religiosi avvenuti nell’ultimo periodo: sono tutti opera del vecchio regime e dei suoi residui apparati di sicurezza che tentano continuamente di far precipitare il paese nel caos. Arriviamo all’aeroporto in perfetto orario ed iniziamo a fare tutti
i passaggi di controllo e il check-in. Oramai il nostro viaggio volge a termine. Rimane molto da vedere e da scrivere ancora, magari ne scriveremo qualche altro post per raccontarvi ancora. Nella sala di attesa vedo di fronte un signor che legge Al Ahram, il giornale più letto qui in Egitto. In prima pagina c’è la foto di Mubarak con il titolo: Processo a Mubarak,quando e dove?, sarà forse uno dei temi della prossima manifestazione dei ragazzi di Tahrir. Salutiamo il Cairo
dall’oblò dell’aereo che ci riporta a Roma ,siamo già nostalgici di questa città che ha mille storie da raccontare. Una città dal quale è troppo facile innamorarsi e tanto naturale chiamarla: Cairo mon amour.

25 maggio, 2011 alle 18:46